REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI NEI BA M B I N I

A cura di Dott. C. BAISI e Prof. P. MIGLIACCIO Università degli studi di Pisa, DIPARTIMENTO DI MEDICINA

DELLA PROCREAZIONE E DELLA ETA’ EVOLUTIVA CLINICA PEDIATRICA 2

Le reazioni avverse agli alimenti sono un capitolo importante della patologia infantile e sebbene siano note sin dall’antichità solo nel secolo scorso hanno trovato dignità scientifica.

Tra le avversioni ai cibi bisogna distinguere le reazioni tossiche (es. avvelenamenti da funghi, botulismo ecc.) da quelle non tossiche (allergia al latte, favismo  ecc.)

Le reazioni non tossiche a loro volta si suddividono in reazioni allergiche (quelle che sottostanno a reazioni immunologiche) e in intolleranze alimentari (quelle sostenute da meccanismi sconosciuti, ad es. l’intolleranza al glutine; le intolleranze farmacologiche come la cefalea dopo ingestione di cioccolato da imputare alla tiramina contenuta in questo alimento; le intolleranze enzimatiche

ad es. la diarrea dopo ingestione di latte per deficit di lattasi o il favismo per deficit di un particolare enzima(6GPT) che permette al globulo rosso di non rompersi).

Tra le reazioni avverse agli alimenti le più comuni sono le allergie alimentari che sicuramente in questi ultimi decenni sono molto aumentate per l’introduzione di nuovi allergeni (Kiwi, papaya,

mango ecc.) e per la manipolazione dei cibi (aggiunta di conservanti, additivi, stabilizzanti, coloranti ecc.). Nonostante la popolazione allergica sia aumentata, il fenomeno allergia è sicuramente sovrastimato; tant’è che le diete di eliminazione sono seconde per diffusione so-

lamente a quelle per obesità, e nettamente più frequenti di quelle per iper-colesterolemia,

diabete, gotta, malattie più comuni.

Allora cosa si intende per allergia ali-mentare?

Per allergia alimentare si intende una reazione abnorme del nostro organismo all’ingestione di cibi comunemente innocui per la maggior parte delle persone. Le sostanze contenuti nei cibi che sono responsabili di queste manifestazioni sono chiamate allergeni.

Perché si sviluppi una allergia alimentare è necessario un contatto ripetuto e a volte prolungato nel tempo con l’alimento incriminato e che ci sia una pre-disposizione genetica: l’individuo deve

essere geneticamente “progettato” a produrre in eccesso una particolare categoria di anticorpi (le IgE) dirette contro l’alimento stesso. E’ quindi frequente che un bambino allergico abbia nella sua famiglia un genitore o un fratello allergico; ed è allo stesso modo frequente che un genitore allergico abbia figli a loro volta allergici. Potenzialmente ogni cibo che noi intro-duciamo

nel nostro organismo è capace, se sussiste la predisposizione genetica, di determinare allergia; in realtà, però, esistono degli alimenti che, per la loro costituzione, sono maggiormente implicati

rispetto ad altri nelle manifestazioni allergiche. In base alla capacità di determinare sintomi gli alimenti si possono quindi suddividere in alimenti frequentemente implicati nella genesi di

allergie :le uova, il latte, il pesce, i crostacei, le arachidi, le noccioline, la soia ed il frumento), alimenti meno frequentemente responsabili di allergie (la mela, la noce, il sedano, il pomodoro, la banana, il kiwi, la pesca, la carota, la pera) ed alimenti che raramente determinano reazioni allergiche (semi di caffè,aglio ecc.)

Che cosa succede in un organismo colpito dall’allergia? In ogni tessuto del soggetto allergico ci sono delle cellule chiamate mastociti sulla cui superficie aderiscono i famosi anticorpi, le IgE; quando le IgE specifiche, adese alle mastcellule, si legano agli allergeni alimentari

fanno in modo da farle rompere liberando tutta una serie di sostanze (i mediatori

dell’infiammazione) responsabili dei vari disturbi, il più importante di queste è l’istamina.

Quando la reazione allergica si scatena si hanno disturbi che variano a seconda

dell’organo colpito. Per cui possiamo avere l’eczema o l’orticaria se viene colpita

la cute, l’asma bronchiale se questo è l’apparato respiratorio, la diarrea e il vomito se è

l’apparato gastrointestinale, la rinocongiuntivite se sono gli occhi o la mucosa nasale, fino ad arrivare allo shock anafilattico se il disturbo colpisce vari organi contemporaneamente, per

fortuna questo disturbo, molto grave, è una evenienza rara. Per verificare se un soggetto è sensibile ad un determinato cibo vi sono varie metodiche ormai entrate nella routine

di tutti i centri di allergologia e fra questi il più importante e diffuso è il Prick test, esame semplicissimo e di lettura quasi immediata. Esso consiste nel porre sulla cute una goccia di allergene dell’alimento sospettato e pungere la pelle con una lancetta indolore passando at-traverso la goccia, la lettura viene effettuata dopo circa 15-20 minuti. Se il bambino è sensibile a quella sostanza si formerà un rigonfiamento, chiamato pomfo, con arrossamento e prurito. In

determinate condizioni non sempre questo esame fatto sulla cute è possibile, per cui bisognerà ricorrere ad esami più sofisticati che si eseguiranno sul sangue per la ricerca delle IgE specifiche.

Il valore prognostico è sovrapponibile al prick test. La positività di questi tests non significa allergenicità a quegli alimenti, ma testimoniano che il bambino è andato incontro a sensibilizzazione verso quelle sostanze. Ne deriva che per poter parlare di allergia in un soggetto

con tests di sensibilizzazione positivi abbiamo bisogno di eseguire delle prove di provocazione con gli alimenti incriminati e solamente allora in caso di positività di questo test che ci troviamo di

fronte a un vero bambino allergico. Pertanto consigliamo a tutti i genitori, prima di togliere dalla dieta dei loro figli alcuni cibi (latte, fragole,cioccolato ecc.) di rivolgersi a un allergologo pediatra, in

modo tale da non stravolgere la qualità di vita od etichettarli, a sproposito, come

bambini allergici.